Presidi convessi: perché e quando utilizzarli
Quando è necessario adoperare un dispositivo convesso? Ce ne parla Tomas Sirtoli, stomaterapista dell’Humanitas Gavazzeni di Bergamo
Ogni paziente stomizzato è unico nel suo percorso terapeutico, nello stile di vita, nelle abitudini; ogni stomia, a sua volta, è unica, nella forma, per il confezionamento. Per questo è fondamentale utilizzare un sistema di raccolta che garantisca la miglior qualità di vita possibile. Questa può essere misurata in svariati modi, ma è imprescindibile, per una persona stomizzata, poter contare su una sacca che aiuti a mantenere l’integrità della cute peristomale, eviti le infiltrazioni degli effluenti al di sotto della placca, offra sicurezza nella vita di tutti i giorni e nelle relazioni.
Per poter raggiungere tali obiettivi, sono stati realizzati prodotti che, grazie alle loro diverse caratteristiche, rispondono alle più svariate esigenze: sistemi monopezzo o a due pezzi, con placche modellabili o conformabili, materiali traspiranti, etc. ogni persona ha la possibilità di scegliere, in maniera mirata, il sistema di raccolta che preferisce. Una delle caratteristiche che nel tempo ha ottenuto sempre più maggior consenso è la convessità.
Quando si parla di dispositivo convesso, si intende la curvatura esterna della placca che entra in contatto diretto con la pelle del paziente. La placca convessa esercita pressione sulla cute peristomale, distendendo o appiattendo eventuali pieghe cutanee e favorendo l’estroflessione della stomia rispetto all’addome. I sistemi di ultima generazione presentano caratteristiche sempre più innovative in termini di spessore e misure.
Questa tipologia di prodotti consente di gestire diverse tipologie di problematiche inerenti alla conformazione dello stoma e/o l’anatomia addominale che possono facilmente portare ad infiltrazioni degli effluenti, distacco precoce del presidio e conseguenti alterazioni cutanee. L’utilizzo di un sistema convesso si rende necessario nei seguenti casi.
· Stomie retratte: si tratta di uno slivellamento della stomia al di sotto del piano addominale, causato da un eccessivo spessore della parete, il più delle volte per la presenza di adipe. Oppure, può essere il risultato di una procedura chirurgica non corretta con mobilizzazione di un tratto di viscere insufficiente che possa portare ad eccessiva trazione o a sofferenza vascolare con esiti ischemici o ancora per presenza di reazione cicatriziale esuberanti.
· Stomie malposizionate: il “disegno preoperatorio” è il requisito basilare per la scelta del sito ove confezionare una stomia tenendo in considerazione che l’area circostante ne permetta una corretta apparecchiatura. Occorre valutare correttamente il sito anatomico (distanza dalle sporgenze ossee e dall’incisione laparotomica), le variazioni dovute alle varie posizioni che il corpo assume durante la vita quotidiana, la presenza o meno di un addome pendulo e le abitudini della persona (vestiario, attività lavorativa e/o fisica); l’inosservanza di tale procedura, può rendere complicata la gestione futura del presidio.
· Stomie confezionate su addome flaccido, lasso o pendulo: quando l’addome si presenta poco tonico, la presenza di una stomia, con i suoi esiti cicatriziali, non trova il giusto supporto, sprofondando all’interno di pliche cutanee o introflettendosi con conseguente estrema difficoltà nel trovare e gestire un presidio di raccolta.
· Stomie estroflesse rispetto al piano cutaneo, ma con apertura dell’ansa proiettata verso o vicino al piano cutaneo. Tipologie di stomia simile sono spesso frutto di un confezionamento chirurgico inadeguato o di un processo di cicatrizzazione alterato o, nel caso di stomie ad ansa (loop Ileostomy) di una rimozione precoce della bacchetta di sostegno. Una tale morfologia comporta l’eliminazione degli effluenti in una posizione troppo vicina alla cute peristomale con conseguente aumentato rischio di insorgenza di dermatiti da contatto.
· Stomie ad “alta portata”: rientra in tale classificazione ogni stomia che abbia una produzione di effluenti giornaliera maggiore di 750 ml per le colostomie e 1500/2000 ml per le ileostomie. Una produzione così elevata aumenta esponenzialmente il rischio di infiltrazioni tra la cute e la barriera cutanea. Va tenuto, inoltre, in considerazione che le ileostomie producono materiale fecale ricco di enzimi digestivi (gastrici, pancreatici...) che possono accelerare il processo di erosione della placca.
· Cute peristomale con pieghe e/o pliche: a seconda di come una persona si posiziona durante determinati movimenti, può creare sull’addome una serie di alterazioni della morfologia che si manifestano sotto forma di “canali”. Queste deformazioni posso contribuire alla fuoriuscita degli effluenti al di sotto della placca aumentando il rischio di distacchi precoci e formazione di erosioni cutanee. L’utilizzo di un sistema di raccolta “piano” non permette di agire meccanicamente sulla morfologia addominale in maniera efficace.
· Stomie a filo del piano cutaneo: in condizioni morfologiche ottimali, con addome piano, tonico, privo di cicatrici o alterazioni di sorta, la stomia ideale dovrebbe essere confezionata in modo che sporga dal piano cutaneo di 2,5 cm; ogni modificazione, dalla tecnica chirurgica, al malposizionamento all’anatomia addominale può contribuire a creare derivazioni a “filo del piano cutaneo” (cosiddette “Flush Stoma”). Tale conformazione fa sì che la fuoriuscita degli effluenti non sia ideale; il materiale enterico (o urinario) si accumula all’ingresso della sacca prima di scendere sul fondo, esponendo la barriera cutanea ad una maggiore usura e deterioramento e riducendo sensibilmente i tempi di adesione.
A seguito delle indicazioni finora elencate vi sono diverse considerazioni da effettuare quando si utilizzano barriere convesse. La scelta di quale tipologia di dispositivo sia necessario utilizzare, avviene già alla prima apparecchiatura in sala operatoria ma, al rientro in reparto, l’infermiere o lo stomaterapista che effettua la prima valutazione può decidere di applicare un sistema convesso mantenendo alta l’attenzione su quali rischi tale utilizzo possa comportare. Infatti, uno spessore elevato della convessità può esercitare troppa pressione nell’area peristomale e causare complicanze quali eritema, ematomi e ulcerazioni, ischemie superficiali, distacchi della sutura.
Un ulteriore rischio potrebbe essere causato dallo sfregamento della barriera convessa contro la stomia e causare una ipergranulazione: quest’ultima è la formazione di escrescenze di tessuto intorno alla giunzione della stomia e della pelle circostante. Questi noduli potrebbero sanguinare e creare problemi di tenuta del dispositivo. Davanti alla necessità di utilizzare un dispositivo convesso, è bene partire con uno con una convessità leggera (spessore di circa 4mm), che non influisce sul processo di riparazione tissutale in caso di eventuali alterazioni della cute peristomale, ma consente di apportare una minima pressione nella zona peristomale o il livellamento di un piano addominale flaccido, anche in caso di stomia estroflessa.
Durante il percorso di un paziente neo-stomizzato, si può assistere ad una serie di modificazioni che spaziano dall’anatomia addominale (aumento o calo del peso) al tono muscolare (ipo o ipertono) alla ripresa o meno delle proprie attività, alla modifica del tipo di alimentazione, all’esecuzione di particolari trattamenti sanitari (chemio o radio terapie...) di conseguenza anche lo stoma può subire diverse modificazioni nell’aspetto, nella forma, nell’estroflessione.
Tali modifiche, rendono a volte necessari cambi di dispositivo, con l’introduzione dei prodotti convessi, anche con spessori più accentuati, con l’aggiunta di anelli modellabili o paste livellatrici o ancora cinture di sostegno. L’ampia gamma di modelli e accessori oggi a disposizione dei centri dedicati alle persone stomizzate permette di “confezionare” un dispositivo a misura di paziente.
Ovviamente, l’utilizzo di un prodotto convesso rende necessario che la persona stomizzata sia attentamente monitorata e correttamente educata al fine di prevenire complicanze quali ad esempio il distacco muco-cutaneo, la formazione di granulomi, ematomi, eritema, discolorazione della cute, dolore, fastidio causato dalla rigidità e traumi capillari; va posta particolare attenzione, inoltre, a pazienti con varici peristomali, lesioni da pressione, ernie parastomali, malattia di Chron.
Una gestione oculata del percorso ambulatoriale potrebbe prevedere un monitoraggio più ravvicinato nel primo mese dopo il confezionamento, ogni due settimane, successivamente ogni 3-6 mesi a discrezione dell’operatore sanitario e delle necessità del paziente. L’utilizzo appropriato di un dispositivo convesso può modificare positivamente la vita di una persona stomizzata: avere una sacca che rimane in sede per i tempi previsti, una cute integra senza bruciore o prurito, poter percepire la stabilità del proprio prodotto sotto gli indumenti a prescindere dalle azioni che si stanno svolgendo, permettono ad ogni individuo si sentirsi un po' più libero, più sereno, di rimettersi in gioco, di tornare alla miglior vita possibile.
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