La storia di Sara
La storia di Sara
Ciao a tutti! Mi chiamo Sara Langeli, ho 21 anni e amo la mia vita. La mia storia in sintesi: vivo con la malattia di Crohn in forma aggressiva da quando ho 13 anni, ho 3 interventi chirurgici alle spalle e attualmente la mia seconda ileostomia. Sono una ragazza semplice, positiva e solare, cerco di condurre una vita normale come tutti gli altri giovani, ma in realtà, dietro le apparenze e ciò che può sembrare una vita ordinaria, c'è tutt’altro. Attualmente sono in Erasmus in Austria e non da sola. Sono con la mia compagna di vita e di avventure, Geltrude, la mia ileostomia. Non ho lasciato che mi impedisse di realizzare uno dei miei sogni, e così eccoci qui, insieme nella bellissima Innsbruck. Conosciute a febbraio, adesso siamo inseparabili. E
chi l'avrebbe detto! A parte tutto, non pensavo di prendere così positivamente questa esperienza con la stomia. È la seconda che metto, la prima quando avevo 14 anni.
Sì, da questa mia introduzione potrete già capire da quanto tempo faccio avanti e indietro negli ospedali. A 13 anni ho iniziato a convivere con il morbo di Crohn, all'incirca quasi metà della mia vita, ma quella parte di vita che dovrebbe essere la più spensierata. Tutto è iniziato a fine seconda media, con i sintomi più comuni: dolori addominali, diarrea e sangue nelle feci, mancanza di appetito, febbre, stanchezza, vomito. I primi mesi vivevo più in bagno che altrove. Quando ci andavo la notte mi dicevo: "Ma dai, restiamo qui, senza che torniamo a letto, che tanto poi devo rialzarmi subito". Poi, dopo la prima colonscopia, la diagnosi della malattia. A livello sociale non è stato semplice. Ho iniziato il mio percorso con il cortisone e, gonfiandomi, gli altri bambini mi prendevano in giro, non potendo capire la mia situazione, data l'età. E via, si inizia a perdere amici e ad essere bullizzata, in quanto non compresa. Ma è stato ok, sono sempre rimasta positiva e tranquilla, andando per la mia strada. Dopotutto, avevo la mia famiglia che mi stava accanto e mi bastava. Finisce la terza media. "Finalmente con il liceo inizio un nuovo capitolo della mia vita, nuove amicizie. Ricomincio da capo". Beh, è successo davvero, ma non come mi aspettavo. A settembre 2015 mi sono dovuta operare, ho messo la mia prima ileostomia a 14 anni per 6 mesi, la prima Geltrude, e ho iniziato il liceo con essa. Ho anche continuato a giocare a pallavolo con lei. Ce la siamo cavata bene, è stata una bella amicizia, mi faceva stare in forma, come prima dell'arrivo della malattia.
Stavo così bene che avevo paura a toglierla. Dicevo ai miei: "E fa che poi senza Geltrude dovessi stare male mentalmente o diventassi matta per la sua mancanza? E se dopo il risveglio dall'anestesia, non vedendola più, impazzissi?". Ma alla fine è andata bene, è andata via la mia ileostomia, e anche il mio colon :') . E abbiamo ripreso la solita vita, quella iniziata con la malattia: una rettoscopia e una risonanza all'anno, le analisi del sangue, la terapia, le varie visite. Non sempre i medicinali mi hanno fatto effetto, spesso li ho dovuti cambiare e ogni tanto si ripresentavano comunque i dolori addominali e il vomito, di solito segno della stenosi. Il liceo finisce e l'università inizia. Erano passati 6 anni dall’inizio della malattia e 5 da quando avevo Geltrude. Pian piano e poi sempre con più frequenza, cominciavano a verificarsi blocchi intestinali, ma in quel momento avevo davanti a me l’occasione di realizzare uno dei miei sogni: andare in Canada per due mesi per svolgere il tirocinio. “Adesso o mai più”, mi dicevo, “non so se riuscirò ad avere un’altra possibilità simile”. E l'ho fatto, appena in tempo, perché anche in Canada sono stata male a volte, con blocchi intestinali e vomito. Ma sono riuscita a vivere tutta l’esperienza che volevo. E dopo due settimane dal mio rientro in Italia, ho avuto un altro blocco intestinale, durato più del previsto e peggio del solito, e niente riusciva ad aiutarmi. Siamo corsi a fare un'ecografia e poi al pronto soccorso, per cercare di prevenire un intervento d'urgenza. Quella volta sono tornata a star bene, ma è stato quell’episodio a farci allarmare davvero sulla mia situazione, che man mano stava peggiorando. La terapia non faceva più effetto, che novità... Dopo una risonanza e una rettoscopia, i dottori mi hanno detto di necessitare di un'ileostomia, un'altra volta. Quando me l'hanno detto non volevo crederci, mi aspettavo qualsiasi soluzione, ma non di nuovo Geltrude.
Tutto era pianificato per andare in Erasmus in Austria per 5 mesi, la partenza era prevista a marzo e a gennaio mi avevano detto di dovermi operare subito e di portare la stomia per circa 8 mesi. Avevo preso davvero male quella notizia ed era sciocco, dato che quando avevo la prima Geltrude avevo timore a toglierla da quanto ci vivevo bene. Purtroppo, la situazione non era buona e serviva un cambiamento che mi aiutasse subito: l'ileostomia, insieme al cambio di terapia, era l'unica opzione. A febbraio ho fatto l'intervento, mi sono svegliata dall'anestesia, ho iniziato a piangere. Avevo realizzato di essere rientrata nel capitolo “Geltrude”. In realtà, è stata dura a livello mentale solo i primi giorni, mi serviva riabituarmi a questa vita e vedere quanto mi facesse bene vivere con lei. I dottori e gli stomaterapisti mi avevano calmato e, dopo la loro approvazione, ho deciso di iniziare la mia esperienza da sola all’estero, nonostante Geltrude. In fin dei conti, essere potuta venire in Austria è stata una fortuna, perché sì, sono da sola in un altro Paese, ma non sono dall’altra parte del mondo. Sono pur sempre vicino casa, per qualsiasi cosa posso tornare quando voglio e questo mi ha fatto partire con molta tranquillità.
Dopo le prime due settimane post-intervento, sono tornata ad essere felice e amo tantissimo la mia stomia. È come se avesse creato un rapporto più profondo con me stessa, come se mi facesse sentire più viva. Mi aiuta a vivere pienamente ogni attimo della mia vita ed è una sensazione stupenda. Può essere dura affrontare la malattia, ci saranno spesso momenti difficili e negativi, con o senza stomia, soprattutto quando colpisce in giovane età e pensiamo "Non è così che volevo passare la mia adolescenza" o "Non è così che i miei coetanei vivono i loro spensierati 21 anni", ma noi riusciremo sempre a cavarcela, ponendoci un
obiettivo e continuando a seguirlo. E dobbiamo ricordare sempre che è grazie alla malattia e a ciò che affrontiamo che siamo le bellissime persone che siamo.
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